Rieccomi a continuare il resoconto del viaggio dopo mille anni. Immagino che nominare Guilin e Yangshuo ai più giustamente susciterà lo stesso effetto del proverbiale covone di fieno nel deserto, nonostante siano tra le mete più belle in Cina. Ad ogni modo, dopo mille peripezie arriviamo in quella che ho ribattezzato la Rimini cinese. Che poi a Yangshuo non c’è nemmeno il mare, ma il fiume Li con i “paesaggi più belli del mondo” (chiedete a chiunque in Cina) e quindi possiamo anche sbattercene. Finalmente liberi dalle grinfie del tour organizzato che ci ha tenuti in ostaggio per tutto il giorno ci dirigiamo verso la famosa West street. Non mi sembrava nemmeno di essere più in Cina: camerieri che cercavano di accalappiarci fuori dai ristoranti, parecchia gente che cercava di venderci qualsiasi cosa, tutti che parlavano inglese, moltissimi turisti stranieri, bar con musica a tutto volume.
Abbiamo provato la specialità di Yangshuo: il pesce alla birra, che viene servito così, si scelgono le spezie e viene cotto in una grande pentola direttamente in tavola.
Organizzare questo viaggio tra Guilin e Yangshuo non è stato facile perché tutte le cose meritevoli si trovano a distanza notevole. Il secondo giorno l’intuizione geniale: noleggiamo uno scooter elettrico! Con il nostro sobrio mezzo di trasporto ci siamo diretti verso Moon Hill. Si arriva in cima percorrendo sei milioni di gradini che non finiscono mai, e con l’umidità che c’era ve li raccomando. Alla fine della salita la vista non è male. Ne vale la pena? Con meno caldo, sicuramente sì.
Nel pomeriggio ci siamo persi per le campagne circostanti ma siamo riusciti a rientrare in qualche modo chiedendo informazioni, o meglio urlando ad automobilisti a caso, che in Cina la gente ha fretta e mica può accostarsi per darti retta! La sera avevamo i biglietti per uno show molto popolare che va in scena sulla riva del fiume. La tipa che ce li ha venduti ci ha raccomandato di essere lì mezz’ora prima, ma quei pazzerelli di Yangshuo hanno ben pensato di affiggere cartelli a caso. Quindi in pratica, poco prima dell’inizio scopriamo che il luogo dove dovremmo essere non è dove ci ha condotto l’appariscente freccia affissa in pieno centro, che tra l’altro puntava nella direzione sbagliata, ma a 2 km di distanza. Il panico. Il tipo che ci da indicazioni intuisce che non ce la possiamo fare e fa cenno all’amico di portarci. Avrà un taxi, penso io (leggi: spero). È finita che abbiamo viaggiato in motorino in tre, senza casco, io dietro aggrappata in modo improponibile. Però siamo arrivati in tempo. Devo dire la verità, mi aspettavo meglio. La recensione prometteva uno spettacolo di musiche e luci che “si fondevano con le meraviglie naturali circostanti”, che invece non mi sono sembrate per niente valorizzate. A questo proposito mi sento di consigliare al regista dello spettacolo di adottare la politica stilistica di Boris:
Mi è dispiaciuto moltissimo lasciare Yangshuo, e non soltanto perché ha significato la fine delle mie ferie. Sì, è un posto caotico e turistico, se vi aspettate idilliache immagini di case su palafitte, pescatori e anziane vestite alla Mao, insomma la “Cina autentica” qualsiasi cosa questa espressione voglia dire nell’era del turismo di massa, forse non è questa la meta più indicata. Però c’è un però: usciti dalla città ci si può perdere per le bellissime campagne e girando autonomamente si riescono a vedere cose parecchio interessanti. Credo di poter dire senza esagerazioni che questa parte della Cina è la più bella visitata finora. Prima o poi ci tornerò.