Salutata Hong Kong siamo ripartiti per Guilin e Yangshuo. Passiamo la dogana e siamo a Shenzhen, nessuno capisce più una parola d’inglese, siamo tornati nella Cina continentale. Facciamo la trafila di rito per: ritirare il biglietto del treno – coda per entrare in stazione – coda ai controlli – coda per salire sul treno e finalmente ci accasciamo ai nostri posti. Quando siamo quasi arrivati a Guilin il paesaggio è già incredibile, scorgiamo le distese di montagne verdi per cui questa regione è famosa, mi stupisco perché sembrano sconfinate ma anche per gli altri passeggeri cinesi del tutto indifferenti: chi dorme, chi chiude le tende infastidito dal sole.
Arrivati alla stazione di Guilin dopo questo viaggio della speranza commettiamo l’errore fatale: ci lasciamo persuadere dal nostro tassista, un tale mister Li (quale cinese non si chiama così?), a comprare i biglietti per la crociera in fiume fino a Yangshuo. La mia idea iniziale era raggiungere Yangshuo con il battello turistico che in 4 ore collega le due città. Il nostro amico ci offre la possibilità di fare il primo tratto a bordo di una piccola barca di bambù che ho letto da qualche parte essere un’esperienza affascinante, e proseguire poi a bordo del battello fino a destinazione.
Il prezzo è conveniente, ce lo fa passare come un favore, un viaggio che di solito propone “solo ai cinesi”. Mi torna in mente l’India e la sua simpatica usanza di far pagare agli stranieri il biglietto per OGNI attrazione turistica 4 volte di più che agli indiani (se va bene), e così non mi pare tanto male. Decidiamo di accettare abbastanza disillusi, sento che la fregatura in qualche modo ci sarà, ma voglio assolutamente la barca di bambù. Nel frattempo ci abbiamo messo un’ora per fare pochi chilometri dal momento che Mr. Li e l’acceleratore non sembrano grandi amici.

Il nostro simpatico tassista ci da appuntamento al giorno dopo alle 7.30 davanti il nostro hotel e ci saluta. Alle 6.50 dell’indomani veniamo svegliati dallo squillo del telefono e invitati a scendere. Nella hall troviamo un Mr. Li nel panico totale: nonostante l’appuntamento fosse 40 minuti più tardi scopriamo che siamo in ritardo per il bus che ci porterà al porto. Dopo questo rilassante inizio saliamo in macchina con lui che, sebbene in ansia, continuerà imperterrito a non superare i 40 km/h per le strade vuote di Guilin. In qualche modo arriviamo e il nostro eroe ci molla sull’autobus in compagnia di una ventina di turisti cinesi e della nostra guida. Sì, è un maledetto viaggio organizzato di gruppo. Mi cullo brevissimamente nell’illusione che la guida non parli soltanto cinese ma vengo subito smentita.
La tipa assegna a ciascun gruppetto un numero per fare l’appello ed essere così sicura di non perdersi nessuno, tipo all’asilo. A noi, pensa un po’, tocca il 13. Ma andiamo avanti. Finalmente riusciamo a prendere la barca di (finto) bambù in compagnia di un’altra coppia cinese che scoprirò più tardi vivere a Xi’an! Attraversiamo paesaggi incantevoli (a differenza delle tappe successive). Saliamo nuovamente sull’autobus – sembriamo una scolaresca in gita – convinti che presto ci imbarcheremo di nuovo per Yangshuo. Io mi addormento per risvegliarmi in un villaggio che non sapevo facesse parte del tour. Inizia la visita, la guida parla solo in cinese, non si capisce nulla; nel frattempo controllo il gps per capire dove diavolo siamo finiti o dare anche solo un nome al posto che stiamo visitando. Non passa molto e realizzo che ci troviamo in una cittadina che non esiste: è semplicemente una ricostruzione di un antico villaggio incredibilmente poco interessante. Figuranti in costume ci allietano con canti e altre avvincenti attività, tipo martellare enormi sassi. Cerchiamo di non perderci d’animo, poi scopriamo che la sosta nel ridente paese durerà due (DUE!) ore. La nave ci aspetta, restiamo positivi. Quando veniamo abbandonati per 40 minuti in un gigantesco negozio di souvenir l’ottimismo inizia a vacillare.
Finisce la maledetta visita, ripartiamo e finalmente raggiungiamo Yangshuo. In Cina esiste un detto noto a tutti, si dice che i paesaggi di Guilin siamo i più belli sulla terra e che questi siano secondi solamente a quelli di Yangshuo. Finalmente saliamo sul battello della cui esistenza a questo punto ero certa quanto quella di El Dorado, veniamo stipati al chiuso con grande disappunto e non ci viene concesso di salire al piano superiore scoperto o uscire sul ponte; siamo guardati a vista e quanto mi avventuro fuori dalla zona consentita vengo invitata a tornare al mio posto, neanche fossi stata sorpresa a fotografare l’aerea 51. Raggiungiamo l’apoteosi del ridicolo quando ci fanno mettere in fila per scattare a ciascuno una foto ricordo che avremmo potuto successivamente acquistare. Cerco un barlume di solidarietà negli occhi dei miei compagni di viaggio con scarso successo. Accanto a me l’adolescente imbronciato per nulla interessato al paesaggio é impegnato a giocare col tablet. In generale la gente sembra intenta a farsi i cazzi propri e pare una buona strategia per non cedere allo sconforto. Davanti a me una specie di fashion blogger cinese si spara le pose mentre il ragazzo portaborse la segue ovunque. Tutti tirano fuori dal portafogli la banconota da 20 yuan per la foto di rito.
Superata la lunga sessione fotografica (a richiesta era possibile farsi immortalare con un incazzatissimo cormorano) resteremo fermi in mezzo al fiume per un tempo biblico senza ragione. A questo punto perdo qualsiasi interesse per ciò che ci circonda, non sogno altro che la stanza d’hotel che ci aspetta a Yangshuo, sicura che non vi arriveremo mai.
Miracolosamente torniamo sulla terraferma, sono quasi le 5 di pomeriggio e lo strazio dura da ormai 10 ore. Cerco di carpire informazioni riguardo cosa ci aspetti a questo punto e scopro con sollievo che siamo diretti verso il centro di Yangshuo dove il nostro tour terminerà. Esultiamo e prendo mentalmente nota di evitare come la peste qualsiasi tour organizzato in futuro così come qualsiasi consiglio dei locali su cosa visitare. Sapevo che in Cina molte attrazioni turistiche vengono appositamente ricostruite e così ci sono villaggi e monumenti “antichi” che sembrano nuovi di zecca.
Scopro che mentre noi siamo finalmente liberi i nostri compagni di viaggio hanno il soggiorno organizzato fino all’indomani e provo sconforto per loro, ancora nelle grinfie del maledetto tour operator. Mi raccontano che le loro ferie sono finite e torneranno presto a Xi’an e mi rattristo ancora di più per il modo becero in cui è stato organizzato il loro tempo. Ci scambiamo Wechat e ci salutiamo. Finalmente soli possiamo esplorare la città come vogliamo e da qui in poi la vacanza ha assunto tutto un altro tono! Ma siccome ho già scritto un papiro ve la racconto la prossima volta.
To be continued…
Immagino! Speravo che alla fine questa sóla avesse portato ad un’esperienza indimenticabile invece mi sa che anche not!! 😂😂
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Indimenticabile di sicuro, ma non per i motivi giusti!
Hai presente quei pullman pieni di asiatici in vacanza? Ora posso dire di aver partecipato anche io 😂😂😂
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Mentre leggevo mi arrabbiavo per te! Spero che quel simpaticone del taxista abbia bucato almeno un paio di gomme al ritorno 😉
A me era capitata una cosa simile in Grecia anni fa, quando ci siamo lasciati convincere a partecipare a una crociera di un giorno dove però ci hanno fatto fare tantissime tappe, con cinque minuti ciascuna – un inferno. L’unica tappa un po’ più lunga è stata anche per noi in un negozio di souvenir…
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Per fortuna è stata una vacanza lunga quindi poi ci siamo rifatti almeno!
Secondo me i viaggi organizzati sono il male a prescindere. Li tollererei giusto in posti selvaggi o dove è proprio troppo difficile girare soli.
Anche in viaggio in India cercavano sempre di portarmi a visitare il negozio del cugino/cognato/amico d’infanzia, per cui ti capisco. 😂
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